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L'empatia nell'Arte

  • violantebinazzi
  • 11 mar 2015
  • Tempo di lettura: 2 min

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Nell’esperienza artistica l’empatia è fondamentale, dal momento che chi intende fare l’esperienza estetica di un oggetto deve identificarsi in qualche modo con esso. Questa è la ragione per cui si dice che “la musica ci trasporta sulle sue ali”, che il violino “muove le corde dei nostri sentimenti” o che i mutevoli colori del tramonto creano un analogo mutamento delle nostre emozioni. Jung pone l’empatia al centro della sua teoria dell’estetica. Chi guarda l’oggetto artistico “si trasforma in quell’oggetto, si identifica con esso e si libera in tal modo da se stesso” (Tipi psicologici” di Jung, pag. 303, ndr). Questo è il segreto del potere catartico dell’arte: l’esperienza estetica in realtà rapisce l’artista o lo spettatore e li porta fuori da se stessi. Aristotele ha descritto magistralmente come assistere a una grande tragedia purifichi l’anima dello spettatore, proprio perché la tragedia viene messa in scena sul palcoscenico della sua anima, nel momento stesso in cui egli la guarda accadere sul palcoscenico reale. Il teatro è la forma d’arte attraverso cui è più facile capire l’empatia; in esso infatti si verifica l’identificazione più macroscopica degli attori con i personaggi immaginari che essi stanno rappresentando e quella più sottile degli spettatori con gli attori.

Partecipare degli altri o degli oggetti ci dà di essi una comprensione ben più intima e significativa della pura analisi scientifica o dell’osservazione empirica. Perché “comprensione” significa in realtà l’identificazione del soggettivo e dell’oggettivo che si traduce in una nuova condizione la quale li trascende entrambi. Per conoscere il significato della bellezza, dell’amore o di qualsiasi cosidetto valore della vita, dobbiamo abbandonarci alla partecipazione. “Facendone esperienza” come dice Keats, “li conosceremo sulla nostra pelle”. In altre parole è impossibile conoscere un’altra persona, oggetto o opera, senza esserne innamorati, in senso lato. E questo significa che entrambi verranno modificati dall’identificazione che l’amore genera.

Liberamente estratto da “L’arte del counselling” di Rollo May


 
 
 

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